TEXAS, U.S.A. - Voci dal Braccio della Morte

          Ultimo aggiornamento: 25/01/2009
   

ISTINTI ANIMALI

(Paul Colella)

Ieri è stato un giorno che ricorderò per il resto della mia vita: è stato il giorno in cui sono stato ridotto a un animale.

Ma lasciatemi dire qualcosa prima.

Alla Ellis Unit 1, dove sono stati rinchiusi I condannati a morte per più di 20 anni, incontrai Richard Cartwright. Per via della sua passione per i tatuaggi siamo diventati amici. Io facevo l’artista, e lui il collettore. Alla Ellis Unit c’era un programma di lavoro secondo il quale nell’area di lavoro era possibile avere un compagno di cella. Rich e io diventammo compagni di cella.

Dividevamo le nostre vite. Lui scriveva a mia madre, e io scrissi alla sua. Diventammo grandi amici e sviluppammo un vero legame, qualcuno diceva che era più forte di un legame di sangue. Ci consideravamo fratelli.

Non solo alla Ellis Unit c’era un programma di lavoro, ma ci lasciavano usare le mani e la mente in modo creativo. Creando oggettini qualcuno di noi diventava come un falegname, facevamo cofanetti di legno, disegni, quadretti, modellini di macchine, o cappellini.

Avevamo la ricreazione di gruppo, durante la quale potevamo uscire in cortile (in una specie di grande gabbia da zoo), e formare squadre per giocare a basket, pallavolo o pallamano. Oppure potevamo guardare la TV, giocare a domino, scacchi o dama. Il contatto umano è un bisogno primario. In 20 anni il braccio della morte ha avuto la più bassa percentuale di problemi disciplinari di tutto il sistema.

Nel 1998 è cambiato tutto, grazie a una distrazione delle guardie, 7 uomini tentarono di scappare. Le guardie non erano nel posto di controllo dove avrebbero dovuto essere. La colpa era quindi loro, ma siamo stati puniti noi. Ci hanno spedito nella terribile Terrell Unit, e appena arrivati un detenuto venne brutalmente picchiato a morte da numerose guardie e dai loro supervisori.

Ora la chiamano Polunsky Unit (il cambiamento è dovuto al fatto che Charles T. Terrell non voleva associare il suo nome con il braccio della morte), le brutalità continuano ancora, anche se grazie all’attenzione internazionale, le guardie non arrivano a certi estremi come nel passato. Si accontentano di pugni e calci qua e la’.

L’uso dei gas lacrimogeni è diventato così comune che le sbarre e i muri ne sono impregnati, al punto che se vi strofinate contro, vi bruciate la pelle. E’ previsto che ogni volta che viene usato il gas, debbano decontaminare l’area. E’ due anni che assisto o subisco gassaggi, e devo ancora vederli decontaminare una cella o un’area dove l’hanno usato. Sui muri ci sono i contorni delle persone che sono state spruzzate.

Siamo confinati in isolamento totale 23 ore al giorno, senza nessuna possibilità di fare niente. Non ci è permesso frequentare lezioni. Non ci è permesso partecipare alle funzioni religiose. Non c’è la tv. Non c’è accesso a libri, giornali, riviste, per quelli che non hanno nessuno fuori che possa procurargliele.

Gli indumenti che ci danno sono spesso sporchi e hanno l’odore dell’ultima persona che li ha usati. Non ci forniscono indumenti pesanti per l’inverno. Il cibo è di una qualità e quantità a malapena sufficienti per calmare la fame. I prigionieri sembrano reclusi di un campo di concentramento.

Le guardie non sono preparate per avere a che fare con prigionieri del braccio della morte. Ridono e scherzano sulle esecuzioni e sulle ultime parole dette prima di morire dai condannati. Parlano di piccoli party organizzati per celebrare un’esecuzione. Le poche cose che ci permettono di tenere vengono spesso calpestate o buttate nel water. E vengono sempre maltrattate e danneggiate. Le procedure per la nostra sepoltura sono uno scherzo per le guardie che sanno che non essendoci un controllo da parte di un capitano o qualche carica maggiore, possono andare avanti a fare tutto quello che vogliono.

L’11/01/02 il mio amico e fratello è stato vittima della brutalità e della prepotenza. Una guardia ha continuato a spingerlo, spingerlo, spingerlo, finchè Rick gli ha sputato in faccia. Gli hanno intimato di tendere le mani, ma lui ha rifiutato per paura di essere ammanettato e picchiato. Allora l’hanno spruzzato due volte di gas chimico, e cinque guardie antisommossa sono entrati in cella e hanno iniziato a dargli pugni in faccia.

Questo è stato troppo per me. Sono due anni che protesto per le condizioni e il trattamento che ci fanno qui. Ho scritto a tutte le cariche carcerarie qui dentro, le mie lettere sono state passate agli ufficiali superiori, che hanno solo detto di averle ricevute. Ho scritto al movimento abolizionisti del Texas e ho spedito in giro vari articoli invocando aiuto.

Dopo non aver avuto risposta, ho provato ad accendere luci, allagare la cella, rifiutarmi di tornare dentro dopo la ricreazione. Ho rifiutato di camminare dalla doccia alla mia cella. Ho fatto tutto quello che era possibile perché si muovesse qualcosa e qualcuno mi ascoltasse, senza nessun risultato.

Il 12/1/02, sono diventato un animale. Mi sono comportato come un animale. Ho messo le mie feci nella bottiglia dello shampoo e ho aspettato. Quando le guardie sono venute a riprendersi il vassoio , mi sono rifiutato di togliere le mie braccia dalla fessura in cui viene messo, così non potevano chiudere lo sportello. Ho detto alle guardie (che tra parentesi, erano due del gruppo) che volevo vedere un superiore. Hanno chiamato un sergente. Anche questo sergente mi sembrava uno di quelli. Gli ho detto che non avevo problemi con lui, ma che mio fratello era stato picchiato la notte prima, e volevo vedere un luogotenente. Qualche minuto dopo ho visto arrivare un luogotenente e un suo assistente. Avevo i battiti del cuore accelerati, perché avevo la rara opportunità di trovarmeli davanti.

Quando sono arrivati a tiro, ho preso la bottiglietta e li ho spruzzati con le feci. Le risate e gli applausi degli altri detenuti mi hanno detto che anche loro erano arrabbiati e frustrati come me. E mentre si ripulivano dalle feci, non avevo nessun sentimento di vergogna o dispiacere. Per qualche minuto sono diventato esattamente come mi hanno trattato loro in tutti questi anni, come un animale!

Dopo tutto questo, sono tornati con sette guardie, di cui 5 in assetto antisommossa, un luogotenente con un recipiente di gas e una guardia con la macchina fotografica. Ho urlato con tutte le mie forze che non volevo fare resistenza ed ero pronto a collaborare, perché se non avessi urlato, il sergente avrebbe potuto non sapere che mi sottomettevo, e avrebbero potuto riempirmi la cella di gas due volte, far entrare le guardie antisommossa e riempirmi di botte per farmi “arrendere”.

Allora mi hanno trascinato fuori dalla mia cella, hanno tirato fuori anche le mie cose passandole intenzionalmente sulle feci, hanno rovesciato tutta l’acqua che avevo e mi hanno lasciato in cella con addosso solo la canottiera e le mutande. Era gennaio, e faceva freddo.

Circa 30 minuti dopo è arrivata una guardia a chiedermi spiegazioni. Ho urlato le mie ragioni, mentre continuava a dirmi che era solo colpa mia. Questo avrebbe potuto essere vero se almeno fossi stato colpevole del crimine per cui mi hanno messo qui dentro. Ma non lo sono! E comunque anche se fossi stato colpevole, non sarebbe comunque stato giusto trattarmi come ci trattano qui dentro.

Finito tutto questo, mi sono steso sulla branda al freddo e mi sono addormentato. Al mattino mi hanno portato pane con un po’ di uva passa dentro. Qualche ora dopo è tornata l’ufficiale, questa volta per rassicurarmi e dirmi che non aveva intenzione di mettere a rischio la sua carriera per prendermi “a calci nel culo”, ma che quando sarebbe venuto il giorno, sarebbe stato in prima fila alla mia esecuzione.

Questo è il tipo di persona che dovrebbe controllarci. Non ce l’ho con lui per la sua ignoranza sul mio caso. Qui abbiamo un uomo in posizione di autorità, che non ha idea del motivo per cui sono qui, o delle circostanze del crimine che mi è stato attribuito, perché lui, come molti altri, è convinto che se una persona è qui deve essere colpevole. Io non lo sono, e mi rifiuto di accettare in silenzio la brutalità e le torture mentali che sono così comuni qui alle Polunsky Unit di Livingston, Texas. Texecution, USA.

Ora che sono tornato umano, mi vergogno di quello che ho fatto. Erano esseri umani, e anche se sono parte del sistema che mi ha ridotto come un animale, con il mio gesto impulsivo li ho sottoposti a una cosa molto degradante….

Ma questo mi rende un animale? No. Dimostra che sono un arrabbiato e molto frustrato uomo innocente. Quando prendi un uomo qualsiasi, innocente come me, mi metti in un mondo isolato, mi porti via dalla mia famiglia e dagli amici, mi togli ogni incentivo per comportarmi in modo corretto, mi degradi totalmente, mi gassi, mi lasci senza alcuna possibilità di esprimermi, senza contatti umani, e poi mi dici che devo accettare tutto questo in silenzio, perché è solo colpa mia, cosa mi rimane da fare? A chi posso appoggiarmi? Chi mi aiuterà? Ho provato a cercare aiuto, ho scritto lettere, pregato, implorato. Ho protestato in modo non-violento, e ora mi sono ridotto a comportarmi come una bestia. Cos’è rimasto? Cosa posso fare? Devo fingermi matto per richiamare un po’ d’attenzione? Cosa mi rimane?

Aiuto, per favore.

Paul Colella

(fonte: Canadian Coalition Against the death penalty)

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